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presa al volo / n°41

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un rugbista
che non ha mai giocato a rugby

 

Quando la Tarvisium mi ha chiesto di scrivere un breve tributo a Piermario Motta, nostro importante tifoso e sostenitore, la prima idea me che mi è venuta in mente per descrivere il personaggio è quella che ho condensato nel titolo: un rugbista che non hai mai giocato a rugby.

“Peo” Motta era un uomo di “business”, che aveva costruito la sua brillante carriera professionale contando solo sulle proprie forze; un self-made man, lo definirebbero gli americani, capaci come pochi di riassumere in un termine un’intera biografia. Iniziò la sua carriera nel 1977 come bancario presso Banca Popolare di Milano a Monza, per poi intraprendere nel 1984 la professione di consulente finanziario. Peo, consapevole di possedere i talenti del fuoriclasse
e la motivazione per esprimerli al meglio, si rivelò da subito il miglior consulente di Fideuram e iniziò un percorso di management che lo portò nel 2003 a diventare AD di San Paolo Invest (società dello stesso gruppo bancario Intesa).

Nel 2005 fu chiamato dalle Assicurazioni Generali a occuparsi di un nuovo e ambizioso progetto: quello di riprogettare e lanciare Banca Generali. L’anno successivo, portò la Banca a quotarsi alla Borsa di Milano al prezzo di 8 euro per azione con 17 miliardi di masse di gestione (oggi il valore è di oltre 18 euro e le masse superano i 42 miliardi). Nel 2015 Motta fu premiato come miglior manager italiano col premio La Fonte, vedendo così riconosciuto lo straordinario percorso compiuto in azienda.
Ma come può un Uomo riuscire a creare così tanto valore (e non solo finanziario) nel corso della propria vita? Questa è stata la riflessione sulla quale per qualche tempo mi sono soffermato dopo la sua scomparsa, avvenuta nel marzo di quest’anno dopo una lunga battaglia contro una malattia spietata. Sono così tornato indietro con i ricordi al 2005, quando una sera Peo chiese di parlarmi e mi illustrò quella che a suo avviso era la situazione dell’azienda in quel momento: un gruppo di persone provenienti da varie realtà che avevano linguaggi, operatività e focus diversi, tanto da vedere nel collega più una controparte che un compagno.
Conoscendo il mio trascorso di rugbista e la passione per la formazione mi chiese se conoscevo qualcuno in grado di organizzare un corso pratico di rugby improntato sulle regole e sui valori di questo sport che potesse coinvolgere tutti i dirigenti e i manager della banca (oltre 150 persone).
Grazie ad Andrea Di Lenna e John Kirwan organizzammo 2 giorni di rugby che si rivelarono particolarmente coinvolgenti e formativi e che portarono all’introduzione di nuove regole comportamentali e definirono i valori che tutt’oggi ci accompagnano.

Piermario, da grande Uomo qual era, fece tesoro di quella preziosa esperienza e diventò
un appassionato di rugby. Partecipammo assieme agli eventi più importanti, come in occasione della venuta degli All Blacks a Milano e dei mondiali giocati dall’Italia in Francia, e soprattutto sostenne con continuità, anche attraverso il suo personale 5 per mille, i settori giovanili della Tarvisium e il progetto “ragazzi difficili, prospettive vincenti”, fino all’evento del settembre 2015 di Piazza Rinaldi, organizzato dalla Tarvisium e Paolo Marta, dove, oltre a partecipare personalmente (e il suo tempo era particolarmente prezioso), coinvolse per parlare di sport
e valori vari campioni come Juri Chechi, Adriano Panatta, Andrea Lucchetta...
Peo era convinto che, insegnando a far giocare a rugby i bambini, si potessero formare degli uomini con valori solidi, uomini veri, di cui riteneva avessimo tutti tanto bisogno.
Da Persona profonda quale era, non riusciva a comprendere come in Italia non si investisse
e si puntasse sul nostro meraviglioso gioco, in tutte le sue forme: da quello a 15, a quello a 7 – per sfruttare la ribalta delle Olimpiadi –, fino al rugby educativo, che lo divertiva particolarmente.

Peo, a eccezione dei 2 giorni di corso di formazione, non giocò mai a rugby (pur essendo comunque uno sportivo, tra l’altro giocatore di calcio delle giovanili del Milan), ma, per i motivi che ho esposto prima, ritengo sia stato uno rugbista a pieno titolo ed è per questo che a lui
ho dedicato il mio ultimo libro: “Vince chi si alza prima!”.

Massimiliano Ruggiero

 

presa al volo / n°40

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doposcuola sperimentale in fase di conclusione

 

Ecco, xe nato cusì, par caso.
"Ohi, ti gavarisitu un'oretta da darghe na man in matematica a me fiol?"
"Va ben dai, provemo a vedar se ghe xe sal in sta suca, se vedemo luni ae quatro in spogliatoio allenatori che ghe xe na scrivania"

Il passo successivo è stato chiedere il permesso ai grandi capi della Tarvisium per mettersi in caseta, visto che i "suconi" iera diventai do. Il passo ancora più successivo vista l'abbondanza di zucconi è stata di chiedere la possibilità di fare una specie di doposcuola fisso il lunedì e il giovedì dalle 16:00 alle 18:00 in via del tutto sperimentale coi ragazzi dell'under 14 e chi aveva bisogno dell'under 16. Approvato visto che ancora il passo è più corto della gamba.
Alla fine partendo a gennaio con circa 4 ragazzi abbiamo viaggiato su una media di 8 ragazzi circa che venivano sempre al doposcuola a fare non solo matematica, ma anche italiano, inglese, dialetto veneto (solo per chi viene da Frascati, mitico Piazz), tedesco (ho imparato che el Baker che io in dialetto so essere il macellaio, in tedesco vuol dire panettiere mentre macellaio si dice metzgerei) la cosa bella è che sto ragazzo da 4 ha iniziato a prendere 7-8 in tedesco. La cosa ancora più bella è stata che questi ragazzi che avrebbero la tendenza a non far niente, vedendo gli altri che si davano da fare per finire i compiti, si mettevano anche loro a finirli, forse perché si sentivano un po' inutili nel non far niente. Ovviamente la prima conseguenza sono stati i miglioramenti nei voti a scuola, ma la gioia più grande vederli finalmente sereni e soddisfatti per gli sforzi ripagati.
Non di solo aratro vive l'uomo però. Infatti circa alle 17:00 c'era la pausa che ha reso miliardi nelle casse del bar, patatine, cioccolate, e potaci vari (se verrà rinnovato il Doposcuola anche il prossimo anno, chiederò la possibilità di fare dei sani panini col salame) per una pausa di 5-10 minuti necessaria per ricaricare le batterie.
Poi i restanti 40 minuti per finire i compiti e poi via ad allenarsi.
Il tempo messo a disposizione per questa attività è stato totalmente gratuito e il denaro raccolto durante questo periodo verrà valutato in cosa essere investito, in beneficienza, in una borsa di studio o aiutare studenti che ne hanno bisogno, in materiale o attrezzature per il rugby, nel strutturare meglio il doposcuola per il prossimo anno, ancora non lo sappiamo, ciò che sappiamo è che far del bene e aiutare gli altri fa star bene tutti e ci migliora la vita e credo che questa società oltre che sotto il profilo rugbistico è molto attenta soprattutto alla parte umana educativa e di crescita della persona, valore che ormai si sta perdendo nella nostra quotidianità.

Per questo dico:
viva i giovani Ruggers e viva la Tarvisium!

Andrea Vivian

 

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stadio con illuminazione (progetto realizzato da uno dei ragazzi del doposcuola)

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presa al volo / n°39

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A-nniversario

 

Il 25 maggio di 2 anni fa, la Tarvisium veniva sconfitta in casa dal Pesaro Rugby nella gara di ritorno dei playoff di serie B ma, forte dell'ampia vittoria esterna dell'andata, conquistava la promozione in serie A.
Dopo 16 anni trascorsi a battagliare sui campi di serie B e C, in una torrida giornata dal sapore estivo e davanti a centinaia di sostenitori, la Tarvisium è tornata in serie A e gli impianti di viale Olimpia sono stati animati per tutta la notte da un lunghissimo e festosissimo terzo tempo.
Quella del 2014 è stata una promozione che ha rappresentato molto di più di un semplice passaggio di categoria: è stata la vittoria di un gruppo, un'esaltazione dei valori del rugby e il coronamento di un percorso di crescita.
Un agognato risultato che è stato frutto della caparbietà di una squadra che nel 2012/13 aveva perso il treno per i playoff all'ultima partita e che l'anno successivo aveva visto sfumare di un soffio la promozione in serie A venendo beffata dal Gran Sasso. Nonostante tutto, però, ha continuato a lavorare duramente riuscendo finalmente a raggiungere la Serie A. Proprio il 25 maggio di 2 anni fa.
Tanti sono stati i protagonisti di quella stagione, ma prima di tutto è stata una vittoria del gruppo e di tutta la società. Una formazione formata per la gran parte da giocatori provenienti dal settore giovanile, sapientemente guidati dal capitano Pava e dagli altri senatori. Una squadra che ha accolto a braccia aperte anche alcuni elementi provenenti da altre società, che hanno saputo integrarsi nel migliore dei modi, rivelandosi grandi giocatori e splendide persone: Carlos, Golia, Simone, Joseph, Foga, Bisce, Galleschi.
Una dimostrazione d'affetto tra tutte quella di Foga che, costretto a lasciare la squadra nell'ultima parte di stagione per impegni lavorativi in Francia, ha fatto l'impossibile per partecipare alle ultime settimane e giocare con noi i playoff.
Tutto ciò è stato reso possibile anche dalla sapiente e passionale guida tecnica del duo Roberto Favaro - Piero Bovo e dall'attenta preparazione atletica seguita da Uru Durante e Fabio Colbertaldo. E come non citare quello che noi amiamo chiamare "Gigante", il nutrito gruppo di persone che ruotano nell'universo Tarvisium e che con il loro operato - anche loro - hanno reso possibile tutto questo...
La promozione è arrivata dopo una serie di playoff dura, equilibrata ed emozionante che ha visto i Ruggers fronteggiare il Rugby Pesaro. Le magliette rosse si sono imposte in terra marchigiana con il risultato di 25 a 17 grazie ad un ottimo primo tempo; nella gara di ritorno, invece, la tensione ha avuto la meglio, e si sono dovute arrendere ad una buona prestazione degli ospiti che hanno vinto l'incontro di misura per 14-15: i marchigiani sono sempre stati in vantaggio, ma i punti di Pizzinato e Dugo, insieme a una grande prova collettiva in difesa, hanno allontanato gli spettri de L'Aquila e hanno permesso alla Tarvisium di conquistare il bonus difensivo che è valso la promozione.
Cogliamo l'occasione per fare un grosso in bocca al lupo agli amici di Pesaro che quest'anno sono nuovamente impegnati nei playoff promozione e che si sono dimostrati squadra caparbia e talentuosa, supportata da un grande pubblico, corretto e genuino.
Il bilancio di questi due anni in serie A è stato sicuramente positivo per la Tarvisium che, in entrambe le stagioni, è riuscita a raggiungere l'obiettivo dichiarato, cioè la salvezza. Con il passare degli anni, com'è naturale, i protagonisti sono cambiati e cambieranno, alcuni lasceranno, altri entreranno a far parte del gruppo e altri ancora faranno ritorno a casa.
Solo se la Tarvisium riuscirà a mantenere vivi i propri valori e a continuare a lavorare duramente potrà togliersi altre soddisfazioni e magari rivivere momenti come quelli del 25 maggio di due anni fa.

Marco Buso

 

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presa al volo / n°38

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open rugby MOM

 

"Mamme, mini Ruggers & il potere della palla ovale"

 

Martedì 26 Aprile l'allenatore Giorgio Boldrin (Under 6) ha fatto una gran sorpresa ai nostri piccoli atleti! I bambini già intenti a preparare il loro "campo di battaglia" con coni, sacchi ed energie da vendere, si son visti venire in contro le loro mamme! Ben attrezzate di abbigliamento sportivo, scarpe da ginnastica e dei sorrisoni che preannunciavano un allenamento molto speciale e diverso dal solito!
Ironizzandoci sopra e facendo un' po' gli internazionali stava nascendo l'"Open Rugby MoM"!! Iniziativa nata nel vedere l'entusiasmo che mettono a bordo campo e nelle varie attività che coinvolgono i figli e le mamme under6!
L'obiettivo e intento era quello di esporre e coinvolgere maggiormente il genitore nel progetto sportivo e educativo del minirugby. Far sentire i bambini sostenuti e parte di qualcosa che va ben oltre l'impegno di andare a rugby, giocare e allenarsi, ma avere la prova di poter coltivare una passione comune e momenti di condivisione con chi amano e li amano. Ultimo e non da meno, vedere cosa poteva dare, "provocare", far nascere l'ironia di mettersi in gioco, da mamma / genitore / tifoso neofita.

Saremmo riusciti nell' intento?...o forse abbiamo ottenuto più di quel che pensavamo?!.....

A voi i commenti delle mamme Under 6 Ruggers Tarvisium:

"...è stato importante per noi, per unire il gruppo e conoscersi meglio! Ed è stato fantastico!!! Ora posso dire di conoscere tutte meglio e sono molto felice di poter organizzare con voi la vita sportiva dei nostri figli! W le mamme! W il rugby!! "

"..è stata una bella iniziativa anche perché abbiamo mostrato ai bambini che siamo entusiaste di quello che fanno e vogliamo condividere a modo nostro con loro questa passione. Abbiamo avuto l'occasione di regalarci questo tempo e ridere, correre e giocare con i nostri nanetti!"

"...è stata un'esperienza fantastica che mi ha fatto capire quanto è realmente difficile giocare in campo per i nostri bambini, che da fuori sembra tutto più facile e non è affatto così! Personalmente mi ha fatto tornare bambina, quando non avevo pensieri e tutto era fantastico... perché è stato fantastico!! Sono contenta di aver fatto questa esperienza con tutte voi! Lo rifacciamo?! ;-) "

"...martedì mi sono divertita tantissimo, è stato emozionante vedere i piccoli divertirsi insieme a noi ;-)! Voglio ringraziare chi ha deciso di farci allenare con i bimbi perché ho capito che non è solo un gioco, come lo vediamo noi da sedute, ma è impegnativo in tutto."

"...che dire, mi sono divertita un sacco, ho apprezzato tanto il lavoro di Giorgio, l'attenzione nella scelta degli esercizi per far crescere i nostri piccoli coordinati e fisicamente capaci. La parte più bella è stata quella in cui abbiamo condiviso insieme ai bambini il loro allenamento! Forza Ruggers!! "

Bastano le testimonianze delle mamme per raccontare come è stata vissuta questa bellissima iniziativa e occasione per la nostra Under 6. Per completare il quadro vi consiglio vivamente di guardarvi la galleria di foto. Parlano da sole!

Nicoletta Sol e le MOM U6

 

Forza Ruggers e forza Rugby MoM!!! Siete grandi!

 

clicca sulle immagini per ingrandire

 

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presa al volo / n°37

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"risultati che non arrivano"

Da molte parti giungono in questi giorni analisi e controanalisi sulle ragioni della lunga crisi del rugby italiano: i risultati non arrivano per colpa dell'allenatore, della federazione, della qualità dei giocatori, della mancanza di strutture, e così via. Per tutti, o quasi, è una questione dunque di "risultati che non arrivano". Il giornalista Giorgio Terruzzi, in questo articolo intitolato (non a caso) IL SENSO DEL RUGBY e apparso sul sito web rivistaundici.com, ribalta la prospettiva: basta guardare ai risultati, l'Italia manca di cultura rugbistica.

Nel suo "giro del mondo ovale" Terruzzi trova analogie tra le scuole rugbistiche che funzionano; non analogie tecniche, ma sociali innanzi tutto: in Irlanda, Sudafrica, sui Pirenei e in Nuova Zelanda, nelle lande australiane o nella pampa argentina crescono "rugbisti naturali, prima che giocatori di rugby. Gente che riconosce il valore delle regole, che non le infrange mai. Persone che imparano a praticare tre verbi fondamentali, a scuola, sul lavoro, ovunque: appartenere, sostenere, condividere".
Allora il problema italiano è quello di una cultura in cui sono premiati il talento del singolo, la furbizia, lo scarto dalla norma, il guizzo eroico. E invece i rugbisti naturali sanno che non potranno mai conquistare metri senza chiedere aiuto ai compagni. Che non potranno mai nascondersi in campo, perché hanno delle responsabilità verso gli altri. E quegli altri, nel rugby, sono gli amici, sono la famiglia.
Grazie allora a Giorgio Terruzzi per aver detto che "L’oro ovale sta dove una quantità enorme di educatori, di allenatori autenticamente appassionati lavora ogni giorno. Sta nelle scuole, nelle periferie, nelle carceri, nei club".
Nel nostro piccolo, noi della Tarvisium abbiamo sempre cercato di cogliere questo senso del rugby, perché al di là dei risultati il rugby è un'occasione di vita da afferrare.

buona lettura:
http://www.rivistaundici.com/2015/10/26/il-senso-del-rugby/

Cyrano Project

presa al volo / n°36

ho fatto un sogno

 

Abbiamo il piacere di ricevere e di proporre un articolo del nostro grande amico Paolo Marta che ci parla di un sogno … veramente bello!

Volendolo, questo sogno lo si potrebbe anche realizzare, gli spazi possono esserci, le intenzioni anche… è però necessario “fare … il buon fare… lo ricordiamo?
In questo caso però il “buon fare” non può essere espressione solo di una singola persona, vanno uniti tra molti e diversi “attori” con la voglia di fare, la volontà di fare, le forze per fare e la disponibilità delle risorse per poter fare.
Dire ciò è sin troppo facile, ma per farlo, per tentare, è necessaria una grande volontà, una forte determinazione ed un grande legame tra tutti coloro che potrebbero realizzare questo sogno… quindi, per fare, è necessario essere SQUADRA!!!
Lo siamo?
Sarebbe veramente bello provarci!!!
Buona lettura…
GF
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Ho fatto un sogno

 
Abitavo in un paese in cui i giardini pubblici esistevano ed erano stati disegnati da mani attente, capaci di trasformare delle semplici linee in forme piacevoli che ti ammaliavano. Ma se in quei giardini ci entravi ti accorgevi che la realtà aveva travolto le idee degli artisti: l'erba era inospitale, i rifiuti sparsi ovunque, le panchine imbrattate e inutilizzabili, i giochi rotti. Ed erano quasi deserti. Luoghi “per la gente” dove la gente non ci andava. Nemmeno quando il sole era alto ed il cielo terso. I pochi bambini che in quel paese ancora preferivano ai computer i giochi veri, calciavano il pallone nelle strade meno frequentate sfidando le automobili ed i vigili. D'altro canto nell'erba alta il pallone non voleva proprio rotolare. E poi era vietato. Troppo pericoloso.
Le poche persone che stazionavano nei giardini non erano cordiali. Sembravano rivendicarne la proprietà come si fa quando si trova una cosa abbandonata. E ci stavano bene. E non volevano scocciatori tra i piedi. Soprattutto quelli che potevano ricordargli le regole che avrebbero dovuto rispettare.
Un giorno il capo della città pensò che, per poter rinascere, i giardini pubblici avrebbero avuto bisogno di una nuova anima. Decise innanzitutto che sarebbe stato possibile giocarci con la palla e che per evitare che prendesse in testa qualcuno sarebbe stato sufficiente creare delle collinette o piantare delle piante e delle siepi. Non solo. Installò anche delle reti per giocare a pallavolo e realizzò dei percorsi per chi aveva voglia di passeggiare. Rubò al verde un fazzoletto di superficie per creare un piccolo campo in cemento dove poter giocare a pallacanestro e non solo. Anche dopo la pioggia. Anche quando il fango poteva diventare una buona scusa per preferire la tv o il computer. E mise al lavoro la creatività dei propri collaboratori che inventarono nuovi giochi da usare sia per divertirsi che per fare attività fisica. Anche contemporaneamente.
Infine diede a quei luoghi un nome che rappresentasse l'inizio del nuovo corso.
In quel paese, i giardini pubblici si sarebbero chiamati: parchi sportivi.
Ma il capo della città, che già aveva fatto un grande sforzo, sapeva che nelle casse non c'erano soldi a sufficienza per poter mantenere efficienti i nuovi parchi e soprattutto che, per renderli e mantenerli vivi, serviva qualcosa di più.
Chiamò allora tutte le società sportive del paese e chiese loro chi avesse intenzione di gestire i giardini che aveva trasformato. Anche insieme. Mettendosi d'accordo tra loro. Creando delle nuove forme di collaborazione. La proposta era questa: le società, sempre alla ricerca di nuovi spazi dove praticare sport, avrebbero potuto utilizzarli per allenarsi, per organizzare manifestazioni (non solo sportive e, all'occorrenza, finalizzate al loro sostentamento), per promuovere la loro attività. In cambio avrebbero dovuto tagliare l'erba, mantenere efficienti le strutture, presidiare il giardino affinché nessuno lo danneggiasse e tenerlo sempre aperto, anche alle persone comuni, alle scuole, alle associazioni. Sempre. Anche quando gli atleti si sarebbero allenati. E così, chiunque, adulto o bambino, gli atleti li avrebbe potuti osservare da vicino. Accorciando le distanze. E magari conoscerli e respirare il profumo del sano movimento. E negli altri orari avrebbero potuto utilizzare tutte le attrezzature e gli spazi per giocare liberamente, con o senza la palla, per svolgere le loro attività amatoriale o per imparare a praticare qualche nuovo sport magari sotto la guida dei nuovi gestori.
Non tutte le società aderirono a questa proposta, ma quelle che lo fecero si misero subito al lavoro.
In poco tempo i giardini divennero parchi sportivi per davvero e ripresero a vivere. Quelli che erano diventati luoghi da evitare si trasformarono in isole sicure. Luci sempre accese nella città. Punti di riferimento per chiunque la “passeggiasse”.
Ebbi l'impressione di vedere, nel campetto di volley ricavato in mezzo ad un prato verde, mia figlia allenarsi assieme alle sue compagne in un tardo e profumato pomeriggio di primavera mentre le mamme, sedute sulle panchine, le osservavano e parlavano tra loro; nel prato affianco c'erano dei ragazzini che giocavano a pallone e sulle collinette dei bambini più piccoli che rotolavano, si inseguivano e ridevano accompagnati dai genitori. E lungo il percorso in terra battuta persone che correvano, altre che passeggiavano, altre che parlavano e sorridevano e, in fondo, un gruppo di giovani atleti con la maglietta dello stesso colore che si scaldavano insieme agli istruttori prima dell'allenamento previsto nel campo da basket dove stava finendo una sfida tra vecchi amici.
Sono certo che tutti gli sport facciano rima con cultura. Ma io sono cresciuto nel rugby e posso parlare solo di ciò che conosco. L'ho sempre ritenuto una religione laica con regole che ti impregnano la pelle e ti entrano nel cuore. Le porti con te anche fuori dal campo. Anche dopo che hai smesso di giocare. Perché si è rugbisti sempre. E non solo per la nostra formidabile capacità di ingurgitare birra. Una delle lezioni più importanti che abbiamo imparato è che noi siamo quello che facciamo non quello che diciamo di essere. E mi sono convinto che il buon fare sia la ricetta più efficace per rendere il mondo migliore.
Il movimento, il sano movimento, porta con sé questo valore. Dove le persone si muovono, soprattutto in modo spontaneo, si respira positività. Pulsa un cuore, si percepisce un'anima. Le società sportive in questo senso svolgono un'azione formidabile. Ma soprattutto oggi, in cui la virtualità sembra avere la meglio sulla realtà e gli spazi rimasti vuoti si sono via via riempiti di spine, sarebbe importante che uscissero dal recinto degli impianti e portassero alla gente il loro messaggio.
Lo so. Non è facile. C'è bisogno di aiuto e di sostegno.
Ecco: un inizio potrebbe essere trasformare qualche giardino pubblico in parco sportivo.
Non solo con l'aiuto del capo del paese e/o di qualche imprenditore illuminato, ma con l'aiuto di tutti: il modo migliore per realizzare un sogno.

Paolo Marta