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presa al volo / n°12

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Veri campioni e campionismo

Gibe

 

Più che una presa al volo, visto il ritardo con cui ho raccolto gli spunti di quest'argomento (cose successe e capitatemi sotto gli occhi già qualche settimana fa), questa è una presa di rimbalzo.
Ciò nonostante mi pare stimolante tentare di mettere in relazione un paio di “eventi” apparentemente distanti tra loro e contenenti entrambi, invece, qualche interessante suggestione per affrontare ancora una volta un tema che mi sta molto a cuore e, credo, stia a cuore a molti di noi.

Vorrei temerariamente collegare la gradita vittoria della nostra under 6 nell'importante torneo di Noceto (ieri hanno vinto, giocando tre bellissime partite anche il festival di Casale) alla foto di un cartello - che si troverà probabilmente affisso nella segreteria o nella club-house della Polisportiva Ponzano Scuola Calcio di Empoli (FI) - che Valentino Colantuono ha trovato non so dove.
Ciò che mette in comune le due cose è il termine Campione: campioncini in erba i nostri ruggers-mignon e presunti campioni per i loro genitori quelli che quegli stessi genitori vengono pregati di portare altrove. (Non vi nascondo che nutro una ammirata simpatia per quei dirigenti toscani che invitano, con la franchezza tipica della loro indole, questi padri e forse anche qualche madre, a trascinare verso più valorizzanti ambienti i loro predestinati genietti, per potersi evidentemente dedicare con maggior tranquillità a più fattivi propositi).

Mi si offre l'occasione di effettuare una piccola riflessione su come affrontare il (probabilmente) maggior pericolo a cui sono esposti i giovani praticanti di qualsivoglia disciplina in questo nostro Paese, che non ha saputo evolvere - neanche in questo settore - un'autentica ed estesa cultura sportiva.
Ironicamente (ma no massa!) mi viene da definire come “sindrome da campionismo” la nube minacciosa che tanto frequentemente si addensa sulla (e nella) testa di tanti ragazzi, troppo spesso soffiata là sopra - anziché dispersa - dall'atteggiamento di molti dis-educatori nostrani, dirigenti sprovveduti e (purtroppo) piuttosto frequentemente da genitori e parenti vari poco preparati a gestire in modo davvero maturo la crescita complessiva dei loro figli, sui quali troppe volte vengono riversate immotivate premature aspettative alla minima manifestazione di una qualche imponderabile qualità che anche solo minimamente li differenzi dalla maggior parte dei loro coetanei. Oppure, cosa non meno grave, esprimendo una frettolosa delusione davanti alle disattese (e ovviamente altrettanto ingiustificate) speranze quando non trovano immediato riscontro nella realtà gli immaginati fulminei progressi da parte dei loro pargoli.
L'uno e l'altro atteggiamento - solo in apparenza contraddittori - così poco pazienti e così sideralmente distanti da ogni serio progetto volto a un armonioso ed equilibrato sviluppo della personalità morale e sportiva dei giovani, costituiscono un veleno devastante per le delicate radici del loro sistema speculativo, culturale e psico-motorio e ne pregiudicano, spesso irrimediabilmente, il fiorire.

Naturalmente siamo tutti felicissimi nel vedere i “nostri” bambini dell'under 6 sorridere increduli stringendosi attorno al trofeo vinto sul campo di Noceto e la nostra fantasia li proietta volentieri dentro a un futuro altrettanto gioioso e non si riferisce certamente ai loro bravissimi educatori - Giorgio, Silvio ed Enrico - né ai loro genitori questo mio ragionamento. Il successo delle nostre magliettine rosse mi offre semplicemente un ottimo pretesto per poter fare alcune considerazioni sul modo migliore di difendere questo (e altri) patrimoni umani e sportivi inestimabili (under 8, 10,12 etc. etc.), con tutto ciò che rappresentano.
Nel rugby particolarmente e in tutti i giochi di squadra il vero obiettivo è costituito dai risultati di “valore assoluto”, che si possono ragionevolmente prevedere alla fine dell'intero percorso formativo - più o meno dai 16/17 ai 19/20 anni - risultati che si renderanno possibili solo risolvendo una serie di importantissime problematiche e venendosi a trovare in possesso di alcuni irrinunciabili requisiti.
Alcuni di questi fattori sono casuali e imponderabili (una media molto alta delle qualità fisiche e del talento naturale dei singoli) e altri decisamente programmabili come la preparazione tattica, lo sviluppo atletico, l'elevamento tecnico/ motorio. Queste sole caratteristiche però rischiano di non produrre niente di veramente significativo se, per una qualsiasi ragione, il lavoro per il loro sviluppo non è fortemente alimentato da motivazioni individuali e collettive veramente STRAORDINARIE sul piano combattivo, che costituiscono la sola preziosissima benzina in grado di “muovere” un motore che dovrà esprimere un enorme potenza.
Molti di noi hanno potuto constatare nel tempo (in alcuni casi, purtroppo a proprie spese) come in alcune interessantissime e talentuose promesse e in alcune molto promettenti squadrette (nostre e di altre società molto prossime) ricche di non comuni attitudini, l'insidiosissimo tarlo di quello che ho definito CAMPIONISMO sia riuscito ad intaccarne profondamente la fibra, svuotandoli pian piano di quegli indispensabili contenuti agonistici senza i quali diventa impossibile contrastare lo spirito combattivo anche di avversari tecnicamente molto più modesti ma molto più fortemente motivati.
Un atteggiamento presuntuoso che non venga decisamente represso e che non venga sostituito da una severa presa di coscienza dei propri limiti, del valore di OGNI avversario e dalla insaziabile fame di superarli entrambi soprattutto se sostenuto dalle persone che più dovrebbero vigilare sollevando continuamente l'asticella dell'umiltà, costituirà dopo le prime inevitabili delusioni, il principale motivo della caduta in un frustrante anonimato e in una inevitabile conseguente defezione.

Credo che dovremmo impegnarci - genitori e gente di rugby - a mantenere inalterato nei nostri ragazzi il loro desiderio di affermazione, non facendo loro pesare la sconfitta ed anzi elongiandoli quando ottenuta con “L'onore delle armi” e non facendoli MAI sentire CAMPIONI appagati nella vittoria. Solo così, lentamente apprenderanno quanto fugace sia la gloria e superabile nella fatica e nel sacrificio l'insuccesso.

Produrranno il meglio di loro stessi perseguendo il trionfo proprio contro l'avversario che storicamente (ce n'è sempre uno o più d'uno) li ha sempre battuti e in questo continuo inseguimento di una raggiungibile meta, in questa costante sete di riscatto, troveranno le inesauribili motivazioni necessarie per migliorare tutte le loro qualità. Alla fine di questo lungo percorso li ritroveremo - a prescindere dai risultati - perfetti campioni di disponibilità, dedizione e generosità e troveremo noi stessi soddisfatti di averli aiutati a maturare e ad attraversare col nostro amore e la nostra esperienza l'infida palude di uno sterile Campionismo.

 

presa al volo / n°11


presa al volo

...per tutti i sognatori

Ino Pizzolato

È importante che il rugby sia presente
nel mondo della scuola per farsi conoscere
e permettere ai ragazzi di sognare
come questo ragazzo della Scuola Coletti.


felicità ovale

di Luca De Francesco
under 12 - classe 1a / Scuola Coletti Treviso

Solo un metro dalla linea.
È quasi fatta
l'ultima emozione,
la più grande.
Non posso sbagliare
la linea è lì,
bianca,
quasi irraggingibile.
Salto, volo.
Mi accompagnano
le urla dei miei compagni
ma non li sento.
Sono solo adesso,
non posso sbagliare.
È fatta,
il pallone si schianta sull'erba,
ci sono sopra.
L'abbraccio di una gioia infinita,
gioia immensa,
trionfo,
felicità.
La felicità è un pallone in meta.

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La Ruggers Tarvisium porta avanti da sempre,
con impegno, un progetto di propoganda
del rugby nelle scuole elementari e medie.
Il progetto, in collaborazione con gli istituti
scolastici, viene svolto nell'ambito dell'attività formativa
della scuola e consiste nel proporre
lezioni di "Rugby" tenute dai nostri allenatori,
in collaborazione con gli insegnanti delle scuole.

 

presa al volo / n°10

 

Paris, Tarvisium

Guido Feletti

Per fortuna talvolta nella vita accadono alcuni episodi che fanno palpitare e fremere il nostro corpo, qualche volta agitando la nostra malinconia, talvolta a qualcuno pure fanno brillare gli occhi ed in altre situazioni fanno invece tornare il sorriso.
Queste sono sensazioni che, credo e spero, ognuno di noi ha provato, queste sensazioni arrivano ad esempio quando ci si innamora di una ragazza, che, per tanto o per poco, ci rende questo “sentire” vero e tangibile.
Succede cha anche nel rugby capitino questi momenti perché molti, moltissimi di noi, nonostante tutto sono innamorati di questo sport, che ci fa vivere dei duri momenti, ma che ce ne regala anche degli altri indimenticabili.
Ieri ho assistito, anzi ho partecipato, a due di questi momenti, il primo al mattino … quando la nostra squadra Giovanile ha visto svanire, all’ultimo minuto di una ottima partita, la possibilità di continuare a lottare per i play-off del titolo under 18; abbiamo perso contro il Rugby San Donà, una ottima squadra che si è rivelata più fredda ed esperta di noi, dei nostri ragazzi, che però fino all’ultimo hanno lottato.
Nell’immediato dopo partita la delusione e lo sconforto erano forti, ed uno tra tutti i nostri ragazzi della squadra mi è parso riflettere molto questi sentimenti, un ragazzo tra gli ultimi arrivati, ma che è tra i primi a dimostrare quanto innamorato è di questo sport … magari anche della Tarvisium?
Il secondo momento è arrivato nel pomeriggio quando, all’opposto del mattino, la nostra squadra seniores ha battuto in trasferta il temibile Rugby Mirano; con questa vittoria si è posta una buona base per cercare di conquistare anche questa stagione i play-off promozione. La vittoria è la miglior medicina per curare il malessere di una squadra di rugby, una vittoria cercata e voluta ti fa passare qualsiasi male e ti fa sentire vivo e forte. In partita, oltre alla forza impressa dal gruppo, si è aggiunta una motivazione diversa dalle solite, una motivazione che ti fa dire che non devi perdere la partita, non devi perdere perche sai che al tuo fianco c’è un ragazzo, anche lui tra gli ultimi arrivati, che per questa partita si è fatto duemiladuecento chilometri … in auto, mica in aereo (!) per essere in campo al tuo fianco! Roba d’altri tempi, e tu che vai in campo e che giochi al suo fianco, sapendo che cosa questo ha fatto, non puoi mai perdere.
Dopo la partita non ha nemmeno festeggiato molto, si è beccato una raffica di manate – qualcuna anche pesante - sulla schiena ed è immediatamente ripartito.
Stamane, con la schiena un po’ arrossata, è al suo posto di architetto in uno studio di Parigi!
Un grande!

La nostra medicina si chiama Dario Fogagnoli!
Guarda il caso … , Dario è con noi da questa stagione, in prestito proprio dal Rugby San Donà …

Caro Dario, con questo tuo gesto, ti piaccia o no, sei prepotentemente entrato per sempre, nella mitologia della Tarvisium!

 

presa al volo / n°9

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Rugby Cult: rugby di cultura, cultura del rugby

Franco Luciani

Al via una nuova rubrica nel nostro sito: “Rugby Cult”!
Cos'è “Rugby Cult”?
“Rugby Cult” è pensato come un luogo in cui rugby e cultura si incontrano, si incrociano, si mescolano.
L'idea è di scrivere piccole pagine di storia del rugby, raccontando grandi storie di rugby, per riservare al rugby il posto che merita nella grande storia.
E non solo.
“Rugby Cult” sarà anche una vetrina per nuovi (e vecchi) libri sulla palla ovale. Sarà il depliant che accompagnerà la visita a mostre e collezioni di memorabilia del rugby. Sarà la copertina di un disco con inni e canzoni legati al rugby. Sarà il trailer di un film “ovale”.
“Rugby Cult” sarà insomma un luogo di cultura, di cultura - ben inteso - rugbystica, che già di per sé è cultura, con la C maiuscola.
In quanto luogo di cultura, “Rugby Cult” è e sarà un luogo pubblico, aperto alle segnalazioni di chiunque voglia promuovere una storia, un evento, un libro e così via.
Per ora partiremo da lontano, da un gioco praticato nell'Antica Grecia, ma poi anche a Roma, che - in qualche maniera - può essere considerato il progenitore del nostro amato sport: il Rugby, per tutti noi un vero Cult!

 

presa al volo / n°8

 

Le ragioni di un marchio

Valentino Colantuono

Seconda parte

 

Dicevamo, cosa c'entra con il rugby e la Tarvisium?
Alla Tarvisium in quegli anni ottanta serviva un simbolo attraverso il quale riconoscersi, i valori che venivano trasmessi a chi entrava a far parte della tribù, i principi e l'essenza del gioco che venivano insegnati a chi indossava quella maglia, lo spirito di mutualità e cooperazione che si riceveva inconsciamente e che diventava senso di appartenenza, erano fondamenta oramai solide e segno distintivo della Tarvisium.

Erano anni in cui per vedere il rugby si aspettava il torneo delle cinque nazioni o si aspettava la tournée di una nazione dell'altro mondo ovale. Tutte queste squadre avevano un simbolo distintivo sulle maglie che le rappresentava, la rosa, il trifoglio, il cardo, si contrapponevano i galletti, gli springbooks.

L'intuizione fu quella di scegliere un simbolo che ricordasse le nostre radici, il nostro territorio e che fosse affine al nostro modo di interpretare questo meraviglioso sport. Nasce così l'idea del grappolo d'uva, ma non un grappolo d'uva qualsiasi, il nostro doveva avere 15 acini, uniti tra loro a rappresentare il gruppo. La maglia rossa era la nostra identità, la nostra essenza, il grappolo d'uva su quella maglia, la nostra firma!

Nel momento in cui scrivo, respiro la sensazione di orgoglio che io e i miei compagni provavamo nell'indossarla e che abbiamo provato per tutti gli anni anni che abbiamo potuto farlo. Ricordo l'orgoglio provato nel vedere la mia maglia, la nostra maglia con il grappolo d'uva, nella copertina del libro Ruggers in mostra nella vetrina delle librerie della città. Ricordo la mia commozione nel vedere dalla tribuna dello stadio di Firenze, il 6 giugno 2010, quelle maglie rivincere un titolo nazionale, guardarmi intorno e vedere le stesse maglie rosse con il grappolo d'uva indossate dai tifosi, genitori, fidanzate, ex giocatori. Le stesse maglie, lo stesso simbolo, erano in campo e in tribuna nella sfortunata trasferta dello scorso anno all'Aquila.

Ma la storia non finisce qui, anche la Tarvisium ha il suo momento 2.0: il restiling del simbolo che diventa Marchio.

Il grappolo d'uva, il rosso, la forza del gruppo, il sito per continuare sulla strada tracciata da chi è venuto prima e ci ha regalato una storia fantastica da poter continuare a raccontare.

 

"Gilberto Breda testimone e protagonista di quell'esperienza ce la racconta così..." vai all'articolo

 

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Presentazione del sito, serata del 10 febbraio

vai al pdf

 

 

 

 

 

 

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presa al volo / n°7

 

Le ragioni di un marchio

Valentino Colantuono

Alla fine degli anni ottanta, il mondo del marketing comunicava promuovendo i propri prodotti attraverso la pubblicità che chiamava advertising. Ma arriva la svolta, l'idea rivoluzionaria e' passare dal promuovere un prodotto al promuovere un marchio. Si passa dall'advertising al branding. Una delle aziende protagoniste di questo cambiamento è la Nike, esplode il fenomeno "swoosh", i clienti Nike non sono solo acquirenti di prodotti, ma si sentono appartenenti ad una tribù, accomunata ad un brand, alcuni di essi arrivano perfino a tatuarselo addosso. Il successo è planetario grazie anche ad un campione straordinario che non viene riconosciuto come un semplice testimonial ma diventa lui stesso parte del marchio: Air Michael Jordan! Il fenomeno del branding coinvolge molte aziende: Tommy hilfigher, Coca-Cola, Ralph Lauren, Reebok, McDonald's e tante altre.
Passa un decennio, Naomi Klein attraverso il suo saggio di successo No Logo, denuncia l'egoismo di queste multinazionali che per investire ingenti somme in comunicazione, producono economie delocalizzando nel terzo mondo grazie allo sfruttamento della mano d'opera locale. E sull'onda dell'indignazione nascono movimenti anti globalizzazione che riusciranno a mandare in crisi molte di queste aziende. Si chiude un ciclo.
Cosa c'entra tutto ciò con la Tarvisium e il rugby? Provo a dirvelo la prossima volta.

 

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