n° 14 di franco Luciani
Storia di mete
che hanno fatto la storia
3. The greatest try ever scored (o That try)
Cardiff (Galles), Arm's Park, 27 gennaio 1973
È da poco iniziato il match tra All Blacks e Barbarians.
Da un raggruppamento neozelandese poco prima della linea di metà campo, il mediano di mischia All Black, Sid Going, gioca dalla chiusa per l'ala Bryan Williams che calcia in profondità dentro i 22 avversari.
La palla rimbalza e poi rotola pericolosamente vicino alla linea di meta dei Baa-Baas.
La rincorre il numero 10 Phil Bennett che faticosamente riesce a impossessarsi dell'ovale. L'apertura gallese tenta di allargarsi verso la sua destra, poi improvvisamente “inventa” un cambio di passo verso sinistra che manda letteralmente a vuoto il primo centro neozelandese Ian Hurst. Altra finta verso l'interno e anche il seconda linea Hamish Macdonald è fatto fuori. Con un terzo, elettrico movimento verso sinistra elude il numero 7 e capitano All Black Ian Kirkpatrick, fissa il numero 2 Ron Urlich e serve l'ovale verso sinistra a John Peter Rhys Williams.
L'estremo gallese viene placcato chiaramente al collo dall'ala Williams, l'autore del calcio da cui tutto nasce, ma riesce a proseguire l'azione e a servire John Pullin. Il tallonatore inglese fa qualche metro all'interno dei propri 22 e passa la palla al capitano di giornata, John Dawes. Il centro gallese supera la linea dei 22 con la palla in mano, evita un placcaggio da dietro, fissa un avversario all'altezza della linea dei propri 10 metri e serve a destra l'accorrente Tom David.
Il flanker gallese supera la linea di metà campo in piena corsa e, poco prima dei 10 avversari, viene placcato aggressivamente dal pilone Graham Whiting. Con un gesto tecnico che ha dell'incredibile, David “inventa”, cadendo, un passaggio a una mano verso sinistra, che trova, puntuale, Derek Quinnell.
Il numero 8 gallese si allunga per prendere il pallone leggermente basso, riesce a non farlo cadere e a proseguire la corsa. Sbilanciatosi in avanti, si vede però costretto a passare il pallone. Ma non lo fa come l'avrebbe fatto chiunque altro. No, lo fa anche lui con una mano sola, sempre verso sinistra, quasi senza guardare.
E su quella palla in volo, spuntando dalle retrovie, si avventa Gareth Edwards.
Il mediano di mischia, anch'egli - manco a dirlo - gallese, afferra l'ovale, supera di slancio il disperato tentativo di placcaggio dell'estremo Joe Karam e si invola al'interno dei 22 lungo l'out di sinistra.
L'ala neozelandese Grant Batty tenta un ultimo miracoloso placcaggio, ma Edwards è già in tuffo oltre la linea.
“What a score!”, “Che meta!”, esclamerà Cliff Morgan, il telecronista della BBC chiamato due ore prima della partita per sostituire l'influenzato Bill McLaren, titolare del posto.
E in effetti fu davvero una meta spettacolare, unanimemente ritenuta la più bella meta di tutti i tempi. Sei passaggi, due dei quali quasi impossibili, cambi di passo, finte, in oltre 20 secondi di gioco continuo. Il tutto a una velocità che non sfigurerebbe nemmeno al giorno d'oggi.
Se non fosse stato per Pullin, la più bella meta di tutti i tempi sarebbe stata tutta di marca gallese. Ma in campo non c'erano solo giocatori gallesi. C'erano anche inglesi, irlandesi e uno scozzese. E, naturalmente, i neozelandesi.
Tutti furono protagonisti di una partita che, al pari di quella meta, That try, fu davvero memorabile. Vinsero i Barbarians 23-11 e, se non fosse stato per alcuni placcaggi miracolosi, forse altre mete di quella partita contenderebbero il titolo a quella di Gareth Edwards. Vedere per credere.
https://www.youtube.com/watch?v=ZMd7PQavavw
Franco Luciani